Vino dealcolato: che cos’è e tre etichette zero alcool da provare per capirlo (2024)

Quello del vino dealcolato, cioè zero alcool, è certamente uno dei temi più discussi del mondo del vino odierno. L’argomento non piace molto ai puristi del settore che vedono in questo nuovo prodotto un fenomeno passeggero che non si affermerà nel nostro Paese, dove la cultura del vino “classico” è ben radicata. Ma se tutto questo non avesse niente a che vedere con le tradizioni e con l’identità del prodotto e fosse semplicemente una novità, capace di aprire nuove occasioni di beva e di consumo? Dopo tutto, le bevande low alcohol si stanno affermando sempre di più in particolare all’estero, dove molte giovani generazioni vedono nel vino dealcolato uno step intermedio di avvicinamento al vino e, soprattutto, a livello produttivo, possono rappresentare un nuovo sbocco di mercato. Per conoscere, capire cos’è e approfondire meglio la questione vino dealcolato abbiamo intervistato Luca Sonn, fondatore di Myalcolzero, azienda che dal 2019 commercializza e promuove vino alcohol free italiani con l’intento di offrire un punto di riferimento per chiunque desideri avvicinarsi e conoscere questi nuovi prodotti.

Vino dealcolato, opportunità o minaccia? Una spiegazione tecnica

Come prende vita il progetto Myalcolzero e su cosa si fonda l’idea?

La prima volta che sentii parlare di vino dealcolato era il 2015, durante un pranzo di famiglia, quando mio cognato Michele Tait, primo produttore italiano di queste bevande dal 2012, portò una bottiglia di alternativa 0.0 che assaggiammo tutti assieme. In quel momento rimasi subito affascinato dall’idea, al di là del risultato e del sapore del prodotto che di fatto, una volta assaggiato, fu criticato da tutti.

Ricordo che nel 2015 parlare di vino alcohol free dava voce soltanto a sbeffeggiamenti, insulti e ad essere etichettato come un pazzo come minimo. Io, però, ero uno dei pochi, assieme a mio cognato, a capire il reale potenziale di questa idea.

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Dopo qualche anno da agente di commercio per un’azienda locale, stufo e demotivato, decisi che era giunto il momento di mettermi in gioco e di sposare quella che io sento come una missione vera e propria: vendere ed espandere la conoscenza dei prodotti dealcolati. L’idea di offrire un’alternativa a coloro che non possono o che non vogliono bere alcol, che ebbe mio cognato qualche anno prima, risuonò dentro di me fin dal primo momento e nel 2019 arrivò a maturazione: così è nata Myalcolzero.

I principi su cui l’azienda si basa sono: la promozione e commercializzazione di solo materia prime prodotte e lavorate interamente in Italia, prodotti che non debbano contenere aromi e conservanti e cercare di offrire prodotti che siano il più sani possibile.

Come tutti gli italiani sono orgoglioso di essere italiano e, nonostante io mi definisca un cittadino del mondo, voglio comunque contribuire a portare quel tocco di italianità in una bevanda che tende ad includere più che a dividere. Grazie all’assenza di alcol, tutti e ovunque possono brindare senza esclusioni di età, sesso, religione o stile di vita.

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Come si fa un vino dealcolato?

Il vino dealcolato nasce da un vino normalmente vinificato sottoposto ad un processo di dealcolazione parziale o totale.

La dealcolazione avviene solitamente tramite osmosi, grazie a membrane con le quali si separa l’alcol dal vino, oppure, per distillazione a freddo sottovuoto, grazie all’evaporazione dell’alcol.

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Noi ci troviamo più in sintonia con il metodo a osmosi poiché riesce a preservare totalmente l’acqua vegetale presente nel vino di partenza rispetto al metodo per distillazione a freddo che, facendo evaporare l’alcol, porta a una conseguente evaporazione di parti di acqua vegetale, determinando così la necessità di reintegrarla, spesso con acqua estranea al processo di vinificazione.

A chi si rivolge il vino dealcolato e qual è il target di consumo delle etichette zero alcool?

Grazie all’assenza di alcool e alle basse calorie, il target di persone potenzialmente interessate è molto più ampio rispetto al vino tradizionale: sportivi, astemi, persone con problemi di salute alcol correlati o simili, persone che per religione non possono bere alcol, persone che magari devono mettersi alla guida dopo un pranzo o una cena, donne in gravidanza, bambini, persone in regime di dieta ipocalorica o persone che semplicemente vogliono migliorare il proprio life style rinunciando del tutto all’alcol.

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A livello di mercato, quali sono i Paesi che più consumano vino alcohol free?

La richiesta è trasversale e in aumento un po’ ovunque. Senza dubbio, i territori maggiormente ricettivi sono: Stati Uniti, Nord Europa con Olanda, Svezia e Norvegia, Giappone, Corea, Cina e Paesi Arabi.

Credi che un consumatore abituale di vino possa diventare un potenziale consumatore di vino dealcolato?

È evidente che il vino presenti delle caratteristiche non replicabili grazie alla presenza di alcol che conferisce una certa densità, struttura, aromi e odori. È quindi molto importante che il consumatore sia consapevole che tali aspetti non sono riscontrabili in una bevanda alcohol free.

Un consumatore abituale di vino che sia bene educato al prodotto sarà più difficile da convincere, mentre altri meno educati al bere possono trovarlo tutto sommato piacevole.

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Come s’inserisce il concetto zero alcool in un Paese come l’Italia, dove il vino rappresenta non solo un modello di business ma anche un simbolo di tradizione e storia?

Vendere e produrre vino dealcolato non significa evitare di vendere vino tradizionale, poiché i due prodotti si rivolgono a clientele differenti.

Talvolta penso che sia veramente assurdo che ci sia ancora questa convinzione. Ad esempio: ipotizziamo di essere astemi e di ordinare un filetto di manzo al ristorante, che cosa bevo? Potrei trovare piacevole bere un vino dealcolato rosso per accompagnare il pasto?

Se poi si è puristi e si vuole dire che a quel punto sia meglio l’acqua, non è un problema: il mondo è ben più ricco di sfumature.

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Quindi, alla luce di quanto detto fin qui: in quale modo una bevanda che nasce comunque dai territori italiani, dagli stessi vigneti, dalle stesse uve e che si rivolge a una popolazione che prima non comprava bevande derivate da questi territori, uve e vini dovrebbe essere considerata un ostacolo alla tradizione italiana del vino?

Che piaccia o no, il vino dealcolato avrà un futuro ed è richiesto dal mercato. Perché dovremmo lasciare questa fetta di mercato ad aziende estere invece che continuare a produrre nei nostri territori e ad esportare il made in Italy?

Produrre una bevanda, o chiamiamolo vino, che viene bevuto da chi prima non lo beveva dovrebbe essere una minaccia? Insomma, io direi che invece di combattere battaglie inutili sul definire che cosa è vino e che cosa non lo è, ci si dovrebbe aprire al nuovo e sfruttare il cambiamento a proprio vantaggio.

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Vino dealcolato, provare per credere: una bollicina, un bianco e un rosso zero alcool

Per abbattere dunque ogni forma di pregiudizio e scetticismo vi proponiamo l’assaggio di tre etichette di vino dealcolato. Una bollicina, un bianco e un rosso, da vini senza alcool, per scoprire nuovi orizzonti del gusto, proprio per tutti.

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